Una lunga convivenza


Agricoltura nell'Antico Egitto. Da Wikipedia
Che l'uomo abbia un impatto enorme sulla natura lo si sa da tanto tempo e da mezzo secolo a questa parte ci si sta anche (finalmente) preoccupando per ciò. L'ambientalismo è un fenomeno socio-culturale recente, nato negli anni Sessanta (basti pensare a Primavera Silenziosa di Rachel Carson, che portò al bando del DDT), mentre l'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del terreno va avanti ormai da secoli, tanto che gli scienziati concordano nell'affermare che siamo entrati in una nuova era, l'Antropocene. Un'era in cui l'impronta umana si fa sentire in modo rilevante su tutti gli elementi degli ecosistemi, anche il clima, il cui inizio viene fatto coincidere con quello della Prima Rivoluzione Industriale, nel XVIII secolo.
Almeno, questo era la convenzione fino ad ora. Perché uno studio internazionale, cui hanno collaborato oltre 1300 archeologi da tutto il mondo, ha ottenuto dei risultati (pubblicati su Science) che sposterebbero l'asticella molto più indietro sulla linea del tempo.
ArcheoGlobe, così è stato denominato il progetto, grazie all'analisi di dati sul cambiamento climatico e ambientale sul nostro pianeta fin dalla comparsa dell'uomo, ha permesso la creazione di un modello della Terra, suddiviso in 146 regioni, che ha dato un responso inatteso e per certi versi sconcertante: l'uomo ha iniziato a influire sull'ambiente (e anche sul clima!) fin dal periodo in cui ha iniziato a diventare stanziale e non più nomade, ovvero dopo la nascita dell'agricoltura, tra i 10.000 e i 3000 anni fa. Il vero inizio dell'Antropocene sarebbe quindi da collocare nel 1000 a.C. (circa), quando gli effetti sul clima e soprattutto sulla natura hanno iniziato ad avere una certa rilevanza. 
Quindi non siamo noi figli dei combustibili fossili e della plastica i veri colpevoli del climate change?
Pensare ciò sarebbe come gioire per la riduzione del buco nell'ozono rilevata quest'anno. Sbagliato.
Questo studio non ci discolpa, anzi, in un certo senso punta il dito sulla civiltà stessa come causa di cambiamenti. Dobbiamo tornare nomadi? Certo che no. 
Ma diventare consapevoli del nostro impatto ambientale e climatico sì, per fare in modo che un giorno l'Antropocene finisca per un cambiamento radicale del nostro impatto su clima e ambiente, e non per l'estinzione del genere umano.