Erano lì, a 50 milioni di chilometri dalla casa dei loro genitori, fin dalla nascita, essendo la seconda generazione di "coloni" (solo pochi ancora usavano tal termine, che pareva spazzare via un po' di polvere dalla loro condizione di bassa manovalanza) inviati su Venere alla ricerca di ittrio e altre terre rare. La concentrazione di tali materiali sul secondo pianeta del Sistema Solare non era particolarmente più elevata di quella terrestre, ma le scorte dell'ormai ex-pianeta blu erano prossime a finire e quindi Venere costituiva una bella flebo di minerali per tirare avanti ancora un secolo senza preoccupazioni.
Almeno senza preoccupazioni per il funzionamento dei dispositivi elettronici, non di certo per la salute dei coloni. Le comunicazioni con la Terra erano limitate (oltre ovviamente all'invio di materiale) a sporadiche trasmissioni di dati e ricezioni di nuove indicazioni dagli stati maggiori della Blue Origin, vincitrice di uno dei primi appalti minerari venusiani, quello appunto di Mineburg. Le altre "basi di estrazione e raffinazione" (altro parolone elegante scomparso presto dal linguaggio dei coloni) erano ormai una decina, sparse un po' su tutto il pianeta (nei siti più interessanti, logicamente) e appartenenti ai più disparati soggetti della New Space Economy. Da quando era stata riscritta la convenzione internazionale sullo spazio, con grande compiacimento di imprenditori e stati all'inizio del proprio programma spaziale, ma già con grandi prospettive e soprattutto grandi riserve economiche, la corsa alle risorse del cosmo si era fatta sempre più serrata, anche perché spinta da un non sottovalutabile (ma spesso insabbiato) secondo scopo: la sopravvivenza del genere umano. Ormai buona parte della Terra era in condizioni non tanto lontane da quelle di Venere, eccezion fatta per qualche forma di vegetazione e un'atmosfera ancora non troppo densa, e se ciò al momento riguardava solo il "Sud" del mondo, non si poteva di certo dire (anzi, era l'esatto contrario) che non avrebbe interessato anche i paesi più industrializzati, che avevano sì superato la fine dei combustibili fossili ma abitavano ancora sullo stesso pianeta che avevano largamente contribuito a distruggere.
Questi pensieri di certo non avevano spazio nella mente di Gian Rickets, giovane minatore di chiare origini italo-americane, quando a malavoglia si alzò dalla sua branda, alle 3 di mattina del 20 Agosto 2087, per andare a estrarre terre rare dal suolo di Venere...