Nella traduzione latina dell'episodio della cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden compare la parola "malum", che ha un duplice significato. Da una parte può essere l'albero della mela, mentre dall'altro, riscontrabile a partire dal quarto secolo d.C., la conoscenza del bene e del male.
Questa sottigliezza compare anche nel verso latino indirizzato dalla famiglia Metelli al poeta romano Nevio:
"Malum dabunt Metelli Naevio poetae."Può essere tradotto come:
"I Metelli daranno una mela/la faranno pagare cara al poeta Nevio."
Qualche capitolo più indietro, al momento della creazione di Adamo ed Eva, la Bibbia ebraica utilizza il termine "l-da'at", "Adamo "conobbe" la sua compagna", reso con la duplice accezione di "amò" e "fece l'amore".
Da qui Marsilio Ficino, filosofo rinascimentale e grande studioso della cultura ebraica, trasse ispirazione per il concetto di "amore platonico", che guarda a caso, nella sua connotazione originale, era un amore che riusciva a coinciliare il corpo e l'anima, poi divenuto nell'accezione moderna emblema dell'amore impossibile.
Torniamo però alla nostra indagine su quale sia l'albero del giardino dell'Eden.
Poco dopo aver mangiato il frutto, nel racconto biblico Adamo ed Eva si coprono con le foglie di un albero che si trovava lì vicino, un fico.
Infatti, nella tradizione del Midrash, l'albero della conoscenza è proprio un fico, dal momento che, nella sua misericordia Dio aveva provveduto a rimediare alla conseguenza del peccato, unendo il rimedio allo stesso oggetto che l'aveva causato.
Qual è dunque il fantomatico albero del peccato originale?
È chiaro, un fico!
È davvero difficile immaginare che un cristiano (dei nostri tempi o dell'epoca di Michelangelo Buonarroti) abbia dimestichezza con tali ragionamenti. Solo chi ha studiato il Midrash può esserne al corrente.
Una cosa però è sicura: nel pannello del peccato originale della Cappella Sistina l'albero del frutto proibito raffigurato da Michelangelo è senza ombra di dubbio un fico.
Michelangelo, alunno di Ficino, a sua volta simpatizzava per la cultura ebraica, ragionando molto attentamente sui simboli da inserire nella sua cappella*.
Voglio concludere con una frase dell'artista:
"Si dipinde col ciervello et non con le mani."
*Su questo aspetto scriverò un articolo apposito
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