Che fai tu luna in ciel? Ricordando l'allunaggio con le parole di 5 scrittori

Ogni scrittore o poeta che si rispetti ha una musa ispiratrice.
E se fosse la Luna?


Tutti, almeno una volta, ci siamo fatti ammaliare dalla bellezza del nostro satellite, e per un attimo non abbiamo potuto resistere al porci delle domande sul senso della vita. Un poeta più di tutti ha incarnato questo spirito: Giacomo Leopardi, di cui quest'anno ricorre l'anniversario del componimento "L'Infinito", nel suo "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia":

"Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E' la vita mortale.
Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?
Intatta luna, tale
E' lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perchè delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno co' suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito Seren? che vuol dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perchè giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu se' queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
E' funesto a chi nasce il dì natale."
Chi mandare sulla luna? 
È una domanda che si è posto anche Gianni Rodari:

Sulla Luna, per piacere,
non mandate un generale:
ne farebbe una caserma
con la tromba e il caporale.
 
Non mandateci un banchiere
sul satellite d’argento,
o lo mette in cassaforte
per mostrarlo a pagamento.
 
Non mandateci un ministro
col suo seguito di uscieri:
empirebbe di scartoffie
i lunatici crateri.
 
Ha da essere un poeta
sulla Luna ad allunare:
con la testa nella Luna
lui da un pezzo ci sa stare...
 
A sognar i più bei sogni
è da un pezzo abituato:
sa sperare l’impossibile
anche quando è disperato.
 
Or che i sogni e le speranze
si fan veri come fiori,
sulla Luna e sulla Terra
fate largo ai sognatori! 

Anche Jules Verne ha descritto la luna, immaginandosi un allunaggio, nel libro "Dalla terra alla luna":

"Le domande che sono state fatte sono queste:                         

1.º È possibile di mandare un proiettile nella Luna?                 

2.º Qual è la esatta distanza che separa la terra dal suo satellite?

3.º Quale sarà la durata del tragitto del projettile a cui sarà stata impressa una velocità iniziale sufficiente, e, per conseguenza, in qual momento si dovrà lanciare perchè incontri la Luna in un punto determinato?                               

4.º In qual momento preciso la Luna si presenterà nella posizione più favorevole per essere colpita dal projettile?

5. º Qual punto del cielo si dovrà mirare col cannone destinato a lanciare il projettile?

6. º Qual parte occuperà la Luna nel cielo al momento in cui partirà il projettile?

Sulla prima domanda: – È possibile di mandare un projettile nella Luna?

Sì, è possibile di mandare un projettile nella Luna, se si giunge ad imprimere a questo projettile una velocità iniziale di dodicimila jarde al secondo. Il calcolo dimostra che questa velocità è sufficiente. Di mano in mano che si aumenta la lontananza della Terra l'azione del peso diminuisce in ragione inversa del quadrato delle distanze, cioè: per una distanza tre volte maggiore, quest'azione è nove volte meno forte. E però la pesantezza della palla decrescerà rapidamente e finirà coll'annullarsi completamente nel momento in cui l'attrazione della Luna si equilibrerà con quella della Terra, cioè ai quarantasette cinquantaduesimi del tragitto. In tal momento il projettile non peserà più, e, se varcherà questo punto, cadrà sulla Luna pel solo effetto dell'attrazione lunare. La possibilità teorica dell'esperienza è dunque assolutamente dimostrata: quanto alla riuscita, essa dipende unicamente dalla potenza della macchina adoperata.

Sopra la seconda domanda: – Qual'è l'esatta distanza della Terra col suo satellite?

La Luna non descrive già una circonferenza intorno alla Terra, ma un'ellisse della quale il nostro globo occupa un foco; da ciò la conseguenza che la Luna trovasi ora più vicino alla Terra, ora più lontana o, in linguaggio astronomico, ora nel suo apogeo, ora nel suo perigeo. Pertanto la differenza tra la distanza maggiore e la minima è abbastanza considerevole, perchè non si debba trascurarla. Infatti, nel suo apogeo, la Luna è a duecentoquarantasettemila e cinquecento cinquantadue miglia (99,640 leghe di 4 chilometri) e nel suo perigeo a dugento diciottomila e seicentocinquantasette miglia soltanto (88,010 leghe); ciò che costituisce una differenza di ventottomila e ottocentonovantacinque miglia (11,630 leghe), o più del nono dello spazio percorso. È dunque la distanza perigea della Luna che vuolsi far servire di base ai calcoli.

Sulla terza domanda: – Quale sarà la durata del tragitto del projettile a cui sarà stata impressa una velocità iniziale sufficiente, e, per conseguenza, in qual momento si dovrà lanciare perchè incontri la Luna in un punto determinato?

Se la palla conservasse indefinitamente la velocità iniziale di dodicimila jarde al secondo, che le sarà stata impressa alla sua partenza, non impiegherebbe che nove ore circa per giungere alla sua meta; ma siccome questa velocità iniziale andrà continuamente, decrescendo, ne risulta, esaminati tutti i calcoli, che il proiettile impiegherà trecentomila secondi, cioè ottantatrè ore e venti minuti, per arrivare al punto dove le attrazioni terrestri e lunari si equilibrano, e da tal punto cadrà sulla Luna in cinquantamila secondi, o tredici ore, cinquantatrè minuti e venti secondi. Converrà dunque lanciarlo novantasette ore, tredici minuti e venti secondi prima dell'arrivo della Luna al punto preso di mira.

Sulla quarta domanda: – In qual momento preciso si presenterà la Luna nella posizione più favorevole per essere colpita dal proiettile?

Giusta quanto fu detto qui sopra, è necessario dapprima scegliere il tempo in cui la Luna sarà nel suo perigeo, ed insieme il momento in cui passerà allo zenit; il che diminuirà ancora il tratto percorso di una distanza eguale al raggio terrestre, cioè di tremila e novecento diciannove miglia; di maniera che il tragitto definitivo sarà di dugento quattordicimila e novecentosettantasei miglia (86,410 leghe). Ma, se ogni mese la Luna passa al suo perigeo, non si trova sempre allo zenit in tal momento. Non presentasi in queste due condizioni che a lunghi intervalli. Bisognerà quindi aspettare la coincidenza del passaggio al perigeo ed allo zenit. Ora, per una fortunata circostanza, il 4 dicembre dell'anno prossimo la Luna offrirà queste due condizioni: a mezzanotte sarà nel perigeo, cioè alla più breve distanza della Terra, e passerà al tempo stesso allo zenit.

Sulla quinta domanda: – Qual punto del cielo si dovrà mirare col cannone destinato a lanciare il projettile?

Ammesse le precedenti osservazioni, il cannone dovrà essere appuntato allo zenit del luogo; in tal guisa il tiro sarà perpendicolare al piano dell'orizzonte, ed il projettile si sottrarrà più rapidamente agli effetti dell'attrazione terrestre. Ma, affinchè la Luna salga allo zenit di un luogo, bisogna che questo luogo non sia più alto di latitudine della declinazione di questo, o, in altri termini, che sia compreso fra lo 0 ed il 28° di latitudine settentrionale o meridionale. In qualsiasi altro luogo il tiro dovrebbe essere necessariamente obbliquo: ciò che nuocerebbe alla riescita dell'esperimento.

Sulla sesta domanda: – Qual posto occuperà la Luna nel cielo al momento in cui partirà il projettile?

Nel momento in cui il projettile sarà lanciato nello spazio, la Luna, che ogni giorno avanza di tredici gradi, dieci minuti e trentacinque secondi, deve trovarsi lontana dal punto zenitale quattro volte questo numero, ossia cinquantadue gradi, quarantadue minuti e venti secondi, spazio corrispondente al cammino che essa farà durante il tragitto del projettile. Ma siccome vuolsi parimenti tener conto della deviazione che farà subire alla palla il movimento di rotazione della Terra, e siccome la palla non giungerà alla Luna che dopo aver deviato di una distanza uguale a dodici raggi terrestri, che contati sull'orbita della Luna fanno circa undici gradi, devonsi aggiungere questi undici gradi a quelli che esprimono il già menzionato ritardo della Luna, ossia sessantaquattro gradi, cifra tonda. E però, al momento del tiro, il raggio visuale diretto alla Luna farà colla verticale del luogo un angolo di sessantaquattro gradi.

Tali sono le risposte alle domande state fatte all'osservatorio di Cambridge dai membri del Gun-Club. 

Riassumendo:                       

1.º Il cannone dovrà essere collocato in un paese posto fra 0° e 28° di latitudine settentrionale o meridionale.     

2.º Dovrà essere puntato allo zenit del luogo.                               

3.º Il projettile dovrà essere animato da una velocità iniziale di dodicimila jarde al secondo.   

4.º Dovrà essere lanciato il 1.º dicembre del prossimo anno, alle undici ore, meno tredici minuti e venti secondi.             

5.º Incontrerà la Luna quattro giorni dopo la sua partenza, il 4 dicembre, a mezzodì preciso, nel momento in cui passerà allo zenit. 

I membri del Gun-Club devono dunque incominciare senza ritardo i lavori necessari per un'impresa simile ad essere pronti ad operare al momento prefisso; chè, se lasciassero trascorrere il 4 dicembre, non ritroverebbero la Luna nella medesima condizione di perigeo e di zenit che diciott'anni e undici giorni dopo."

Molto di ciò che Verne aveva previsto finì per realizzarsi. Il punto esatto in cui atterrò il proiettile nell'occhio della luna diventò un immagine topica.
Ciò che era corretto nei calcoli di Verne era invece il tempo impiegato dagli astronauti per raggiungere la Luna (97 ore e 20 minuti), che non è molto lontano dai circa 3 giorni effettivi dell'allunaggio. Anche tener conto del moto di rotazione e compensarlo è importante.

Ora la domanda è: una volta arrivati sulla luna, chi incontreremo? Per fortuna ci sono le parole dello scrittore greco Luciano di Samostata, nel libro "Di una storia vera" ad aiutarci nel nostro viaggio:

"Durante la mia dimora nella Luna, vidi cose nuove e mirabili che voglio raccontare. Prima di tutto là non nascono dalle femmine ma dai maschi; fanno le nozze tra maschi; e di femmine non conoscono neppure il nome. Fino a venticinque anni ciascuno è moglie, dipoi è marito; ingravidano non nel ventre, ma nei polpacci delle gambe; concepito l'embrione, la gamba ingrossa; e venuto il tempo vi fanno un taglio, e ne cavano come un morticino, che espongono al vento con la bocca aperta, e così lo fanno vivo. E credo che di là i Greci hanno tratto il nome di ventregamba che danno al polpaccio, il quale lì diventa gravido invece del ventre. 

Ma conterò una cosa più mirabile di questa. È quivi una specie di uomini detti Arborei, che nascono a questo modo. Tagliano il testicolo destro d'un uomo, e lo piantano in terra: ne nasce un albero grandissimo, carnoso, a forma d'un fallo, con rami e fronde, e per frutti ghiande della grossezza d'un cubito. Quando queste sono mature, le raccolgono e ne cavano gli uomini. Hanno i genitali posticci; alcuni di avorio, i poveri di legno, e con questi si mescolano e si sollazzano coi loro garzoni. Quando l'uomo invecchia non muore, ma come fumo vanisce nell'aria. Il cibo per tutti è lo stesso: accendono il fuoco, e su la brace arrostiscono ranocchi, dei quali hanno una gran quantità che volano per aria; e mentre cuoce l'arrosto, seduti in cerchio, come intorno a una mensa, leccano l'odoroso fumo e scialano. E questo è il cibo loro. Per bere poi spremono l'aria in un calice, e ne fanno uscire certo liquore come rugiada. Non orinano, né vanno di corpo, e non sono forati come noi, ma nella piegatura del ginocchio, sopra il polpaccio. È tenuto bello fra loro chi è calvo e senza chiome: i chiomati vi sono aborriti; per contrario nella Cometa i chiomati sono tenuti belli, come mi fu detto da alcuni che c'erano stati.

Hanno i peli un po' sopra il ginocchio, non hanno unghie ai piedi, ma un solo dito tutti. Sul codrione a ciascuno nasce un cavoletto, a guisa di coda, sempre fiorito, che, se anche uno cade supino, non si rompe. Quando si soffiano il naso cacciano un miele molto agro, e quando fanno qualche fatica o esercizio da tutto il corpo sudano latte, dal quale fanno formaggio con poche gocciole di miele. Dalle cipolle spremono un olio denso e fragrante, come unguento. Hanno molte viti che producono acqua; i grappoli hanno gli acini come grandini; e io penso che quando qualche vento scuote quelle viti, si spiccano quegli acini, e cade fra noi la grandine. La pancia loro è come un carniere, vi ripongono ogni cosa, l'aprono e chiudono a piacere, e non vi si vede né interiora né fegato, ma una cavità pelosa e vellosa, per modo che i bimbi quando hanno freddo vi si appiattano dentro. Le vesti i ricchi le fanno di vetro mollissimo, i poveri di rame tessuto; ché nel paese è molto rame, e lo lavorano, spruzzandovi acqua, come la lana. Che specie di occhi hanno, ho un po' di vergogna a dirlo, perché temo di esser tenuto bugiardo, ma pur lo dirò. Hanno gli occhi levatoi, e chi vuole se li cava e se li serba quando non ha bisogno vedere; poi li pone, e vede. Molti avendo perduti i loro se li fanno prestare per vedere, e i ricchi ne hanno le provviste. Le orecchie poi sono fronde di platano; quelli che sbocciano dalle ghiande le hanno di legno."

Per concludere, vorrei che vi lasciaste cullare della musica di Claude Debussy "Clair de Lune" (https://youtu.be/BubaEmJg4so) e da una mia poesia, "Alla Luna". Ricordate che se 50 anni fa aprivamo la strada verso la luna, oggi chiudiamo i porti:
O Luna, 
che par sì parva in un ciel così immane,
che suoli mirarci col tuo volto candido come un lenzuolo,
narraci ove tende questo vorticoso andare.
Tu,
che concludi il sospirato giorno, 
e che in sinodo lo precedi;
degnaci di risposta quando ti invochiamo con le nostre domande diurne.
Tu, 
che doni luce nelle tenebre della notte col tuo bianco pallore, 
illumina il nostro cammino.
In fondo la nostra nostra vita è un modo per trovare qualcosa che ci appassiona a tal punto da...farci camminare sulla luna.
Buon Allunaggio!

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