Oggi, 24 maggio 2019, studenti di più di 110 nazioni hanno organizzato il Global Strike for Future, il secondo sciopero mondiale per il clima lanciato da Greta Thunberg, dopo quello del 15 marzo scorso. In Italia sono 126 le città mobilitate, tra cui Rimini.
Il Cardinale Peter Turkson scrive: “Negli ultimi mesi, i giovani sono diventati sempre più espliciti. La loro frustrazione e rabbia verso la nostra generazione è palese. Rischiamo di finire per derubarli del loro futuro. Bisogna fare appello ai leader politici ad essere molto più coraggiosi e ad ascoltare il grido drammatico che si leva dalla comunità scientifica e dal movimento dei giovani per il clima".
"Cambiamo il sistema non il clima". E' lo slogan dello striscione che apre il corteo dei giovani a Roma che oggi hanno scioperato. "Se il pianeta fosse una banca l'avreste già salvata", continuano a contestare i ragazzi della Capitale. Loro, come tutti gli altri studenti d’Italia, chiedono che venga dichiarata da un governo non determinato sulle questioni climatiche una “situazione d’emergenza”, dove occorre intervenire nell’immediato.
Consapevoli tutti dell’importanza di intervenire per salvare il nostro pianeta da un collasso che sembra ormai irrimediabile, vediamo due punti di vista opposti sul senso dello sciopero di oggi.
1. Uno sciopero è normalmente quando un lavoratore subordinato si astiene dal lavorare, rinunciando al proprio stipendio, pur di ottenere un miglioramento delle condizioni lavorative. Invece lo studente non sciopera, esercitando un proprio diritto e dovere andando a scuola. Sarebbe più corretto definire questi scioperi come manifestazioni o proteste, allora sì che avrebbe senso. Poi parliamoci chiaro: quanti di voi che sono andati in piazza hanno veramente a cuore il clima, invitano i compagni di classe a discuterne e ne parlano con i propri genitori? Quanti sanno dei reali cambiamenti climatici e di cosa stanno facendo i nostri governi in questo ambito? Quanti contribuiscono nel proprio piccolo a trattare bene l’ambiente?
Non sarebbe più giusto e sensato, invece, proporre la mattina un dibattito in classe o programmare assemblee di istituto e comitati di base, al fine di documentarsi davvero su un fenomeno che ci tocca così da vicino? E poi al pomeriggio recarsi da soli o in gruppi a raccogliere un po’ di rifiuti per le strade, al parco o al mare. E’ più dura, si vede, ma sicuramente più coerente con ciò in cui si crede e l’unico modo per cercare di salvare questo Pianeta.
2. Non importa se si chiama sciopero, manifestazione o in altri modi, importa ciò che porta dietro. Il movimento di migliaia di ragazzi e ragazze che scelgono di non far valere per un giorno il proprio diritto all’istruzione pur di farsi sentire dai governi di tutto il mondo, che per troppo tempo hanno voluto tenere gli occhi e le orecchie chiuse. E’ uno sciopero pacifico e senza bandiere. E’ vero che non tutti quelli che scendono in piazza credono profondamente nella questione ambientale, ma per far parlare di noi ai giornali, per far sentire la nostra voce a chi governa, dobbiamo essere in tanti. Ogni anno, in Italia, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, muoiono prima del tempo 90.000 persone a causa dell’inquinamento. E’ una strage silenziosa. Per le Nazioni Unite, ci rimangono una decina di anni per agire in maniera decisa e cambiare una situazione che metterà a rischio il futuro della nostra vita sul Pianeta. Siamo arrivati a questa difficile convivenza tra uomo e ambiente a causa di uno sviluppo senza limiti. Tutti, e soprattutto gli adulti, dobbiamo prenderci le nostre responsabilità e agire. E se per agire servirà scendere in piazza per far capire l’emergenza climatica a cui andiamo in contro, lo faremo. Non andiamo a scuola oggi per garantirci di poterci andare con serenità domani.
Il Cardinale Peter Turkson scrive: “Negli ultimi mesi, i giovani sono diventati sempre più espliciti. La loro frustrazione e rabbia verso la nostra generazione è palese. Rischiamo di finire per derubarli del loro futuro. Bisogna fare appello ai leader politici ad essere molto più coraggiosi e ad ascoltare il grido drammatico che si leva dalla comunità scientifica e dal movimento dei giovani per il clima".
"Cambiamo il sistema non il clima". E' lo slogan dello striscione che apre il corteo dei giovani a Roma che oggi hanno scioperato. "Se il pianeta fosse una banca l'avreste già salvata", continuano a contestare i ragazzi della Capitale. Loro, come tutti gli altri studenti d’Italia, chiedono che venga dichiarata da un governo non determinato sulle questioni climatiche una “situazione d’emergenza”, dove occorre intervenire nell’immediato.
Consapevoli tutti dell’importanza di intervenire per salvare il nostro pianeta da un collasso che sembra ormai irrimediabile, vediamo due punti di vista opposti sul senso dello sciopero di oggi.
1. Uno sciopero è normalmente quando un lavoratore subordinato si astiene dal lavorare, rinunciando al proprio stipendio, pur di ottenere un miglioramento delle condizioni lavorative. Invece lo studente non sciopera, esercitando un proprio diritto e dovere andando a scuola. Sarebbe più corretto definire questi scioperi come manifestazioni o proteste, allora sì che avrebbe senso. Poi parliamoci chiaro: quanti di voi che sono andati in piazza hanno veramente a cuore il clima, invitano i compagni di classe a discuterne e ne parlano con i propri genitori? Quanti sanno dei reali cambiamenti climatici e di cosa stanno facendo i nostri governi in questo ambito? Quanti contribuiscono nel proprio piccolo a trattare bene l’ambiente?
Non sarebbe più giusto e sensato, invece, proporre la mattina un dibattito in classe o programmare assemblee di istituto e comitati di base, al fine di documentarsi davvero su un fenomeno che ci tocca così da vicino? E poi al pomeriggio recarsi da soli o in gruppi a raccogliere un po’ di rifiuti per le strade, al parco o al mare. E’ più dura, si vede, ma sicuramente più coerente con ciò in cui si crede e l’unico modo per cercare di salvare questo Pianeta.
2. Non importa se si chiama sciopero, manifestazione o in altri modi, importa ciò che porta dietro. Il movimento di migliaia di ragazzi e ragazze che scelgono di non far valere per un giorno il proprio diritto all’istruzione pur di farsi sentire dai governi di tutto il mondo, che per troppo tempo hanno voluto tenere gli occhi e le orecchie chiuse. E’ uno sciopero pacifico e senza bandiere. E’ vero che non tutti quelli che scendono in piazza credono profondamente nella questione ambientale, ma per far parlare di noi ai giornali, per far sentire la nostra voce a chi governa, dobbiamo essere in tanti. Ogni anno, in Italia, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, muoiono prima del tempo 90.000 persone a causa dell’inquinamento. E’ una strage silenziosa. Per le Nazioni Unite, ci rimangono una decina di anni per agire in maniera decisa e cambiare una situazione che metterà a rischio il futuro della nostra vita sul Pianeta. Siamo arrivati a questa difficile convivenza tra uomo e ambiente a causa di uno sviluppo senza limiti. Tutti, e soprattutto gli adulti, dobbiamo prenderci le nostre responsabilità e agire. E se per agire servirà scendere in piazza per far capire l’emergenza climatica a cui andiamo in contro, lo faremo. Non andiamo a scuola oggi per garantirci di poterci andare con serenità domani.