Tutto ha una fine. E proprio come sono finiti gli Avengers nella prima fase del MCU, allo stesso modo in questo memorabile 2019 finisce la sua corsa una delle serie più amate e seguite della storia. Dopo la conclusione dell’ottava stagione, infatti, anche Game of Thrones chiude i battenti.
Non lo fa forse nel modo migliore, né a detta di R.R. Martin, autore della serie di romanzi originali, né rispetto alle aspettative di un fandom così grande. Tante sono state le critiche contro l’ultima stagione, e in particolare per il suo epilogo. E spesso non a torto.
L’ultima stagione è stata, infatti, un po’ deludente, soprattutto riguardando l’atmosfera e il fascino che avevano contraddistinto i primi anni della serie. Il Web si divide in due, proprio come ha fatto per tutta la durata di questa ultima annata: c'è chi non trova sbavature per come è stato pensato il finale, e chi ha molti dubbi lasciati da scelte narrative e di sceneggiatura discutibili. C’è da dire che i registi hanno dovuto inventarsi la trama finale da zero, visto che si aspettavano in questi nove anni di produzione la pubblicazione degli ultimi due volumi della saga di Martin, che, invece, non ha ancora finito di scrivere. Personalmente ritengo che la storia non riesca a tenere un contatto vero con le modalità stilistiche che l'avevano contraddistinta nelle passate stagioni, come cercando di voler finire al più presto la storia, senza riuscire a dare la giusta importanza ai momenti cruciali. Non ho gradito neanche le atmosfere troppo cupe e la scelta di incentrare la storia sull' arrivo frettoloso al trono, piuttosto che sui singoli personaggi, facendoli risultare spesso piatti. Il Re della Notte, per esempio, è il cattivone che si aspettava con ansia da sette stagioni, ma viene sconfitto in giusto mezzo episodio, tralasciando il fatto che le sue mire ci rimangono ignote. Inoltre, il finale è duro da digerire. Non l’epilogo in sé, che, seppur abbastanza scontato, rende onore ai personaggi, quanto a come ci viene raccontato. Mentre i primi minuti sono molto incalzanti, la storia va scemando e i registi non sono riusciti a pieno a farci percepire e godere i momenti di pathos che avrebbero sicuramente voluto farci cogliere.
Il mio giudizio, però, non è completamente negativo. Per commentare una saga del genere bisogna, infatti, guardare il tutto dall'alto e nel suo insieme. Game of Thrones, per la ventata di novità che ha portato al mondo televisivo e per i suoi numerosi record, è da ritenere una delle serie più influenti della storia. Una pietra miliare irripetibile che ha rivoluzionato il pensiero comune di Fantasy, portandolo ai massimi livelli in quanto a pubblico e interesse, come solo Il Signore degli Anelli aveva saputo fare. Ed è proprio per questo che eccelle: per aver conquistato il grande pubblico con una storia Fantasy, "seppur" sia Fantasy. Quando la prima stagione fu lanciata nel 2011 e ancora a conoscerla erano solo i fan dei libri di Martin, difficilmente ci si sarebbe aspettati che il pubblico televisivo si sarebbe moltiplicato di 10 volte nove anni dopo, soprattutto con le numerose critiche per le eccessive scene di sesso e di violenza fisica. E invece, in poco è diventato un fenomeno globale, con ascolti al pari delle produzioni parallele sul grande schermo come la Marvel e Star Wars, facendo apprezzare un cast per lo più sconosciuto.
Il cuore che regge tutta la saga, riconducibile alla celebre frase di Cersei: “Al gioco del trono, o si vince o si muore”, è ciò che lo rende unico. La storia di per sé non ruota, infatti, dietro a un singolo personaggio, ma guarda a più vicende intrecciate che hanno come destino comune l’arrivo ad un certo Trono, per cui si è disposti a tutto. E come non esiste un vero cattivo (fatta eccezione per il Re della Notte), non ci sono neanche personaggi completamente buoni (tranne l'ingenuo Ned), ma ognuno con una propria intricata psicologia e un proprio obiettivo. I continui colpi di scena fanno crescere l’ansia di ogni fan di poter perdere da un momento o l’altro uno dei propri personaggi preferiti: perché in questo GoT è bravo, non risparmia nessuno. Ma è bravo anche in altro, perché non è facile rendere un personaggio più o meno giusto, più o meno intelligente, più o meno crudele, e sapere quando rimescolare le carte in tavola e farci cambiare opinione sul suo conto. Soprattutto quando devi gestire miriadi di personaggi. L'epicità delle battaglie e i grandi personaggi, così come le atmosfere e i colpi di scena, sopperiscono a pieno alcune lacune narrative, avvertite soprattutto dalla sesta stagione in poi. GoT è una storia che muta all'esterno, ma che in fondo ha una spina dorsale di morale molto profonda e indistruttibile. Nessun personaggio può opporsi al proprio destino, i conti in sospeso vanno regolati e i tradimenti vengono puniti. La rudezza che ci mostra la serie non è altro che il riflesso della nostra società, fatta di bontà e saggezza, ma anche di ingiustizia e morte.
Oggi potremmo non essere a pieno soddisfatti di come è finito Il Trono di Spade, ma chi lo sa che lettura daremo a questo epico epilogo tra dieci o vent’ anni. Secondo i registi, infatti, bisogna guardare la storia per il viaggio e l'emozione che ha portato, non impuntarsi sul singolo avvenimento. Sicuramente l'opera lascia un vuoto in quanto a leader delle serie televisive, pressoché incolmabile (come sarebbe un Trono senza validi eredi). Chi sa che la prossima grande avventura che ci terrà incollati allo schermo non sia già in mente a qualche giovane regista?