L'UE interviene sul copyright: pro e contro. Sarà la fine di internet?


“L’evoluzione delle tecnologie digitali ha cambiato il modo in cui le opere e altro materiale protetto vengono creati, prodotti, distribuiti e sfruttati. Sono emersi nuovi usi, nuovi attori e nuovi modelli di business. Nell’ambiente digitale [...] si sono aperte nuove opportunità di accesso a contenuti protetti dal diritto d’autore [...], occorre adattarsi a queste nuove realtà.”
Questa è l’introduzione della recente direttiva dell’Unione Europea sul diritto d'autore nel mercato unico digitale, una normativa che ha suscitato un acceso dibattito, in particolare in merito ad alcuni articoli.
La direttiva, proposta nel 2016 su iniziativa del popolare tedesco Günther Oettinger, aspira alla creazione di leggi uniche europee nell’ambito del copyright del mercato unico digitale; l’obiettivo è quello di uniformarlo ai parametri generali con i quali sono gestiti e controllati i mercati. Secondo la direttiva, non è compito dell’autore denunciare una violazione del copyright attraverso una segnalazione sulla piattaforma, ma è la piattaforma stessa che deve vigilare sull’originalità dei contenuti pubblicati.
La direttiva è stata vista negativamente da gran parte del “popolo di internet”, a partire da figure esperte di information technology e diritto d’autore. Il 20 giugno 2018, data in cui la direttiva veniva approvata dalla commissione giuridica del Parlamento europeo, si è scatenato un vero e proprio movimento di dissenso; nello stesso mese settanta ricercatori e autorevoli informatici, tra i quali Tim Berners-Lee, inventore del World Wide Web, e Jimmy Wales, cofondatore di Wikipedia, hanno inviato una lettera aperta al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, per chiedere, tra l’altro, l’abrogazione dell’articolo 13, che porterebbe alla​“trasformazione di Internet da una piattaforma aperta alla condivisione e innovazione a uno strumento per la sorveglianza automatizzata e il controllo degli utenti”​. L’articolo 13 infatti stabilisce che le piattaforme online saranno responsabili dei contenuti diffusi sui propri canali. Oggi spetta agli autori e ai produttori richiedere la rimozione di contenuti protetti da copyright: la direttiva trasferisce invece la vigilanza e la rimozione dei contenuti non originali alle piattaforme online.
Il 26 marzo 2019, con l’approvazione della direttiva da parte del Parlamento Europeo, il dissenso si è accentuato, anche attraverso forme di protesta, in alcuni casi eclatanti, come ad ad esempio l’oscuramento di versioni in lingua di Wikipedia.
Alcune modifiche della direttiva, antecedenti alla versione approvata il 26 marzo, hanno stabilito in modo chiaro che la normativa non si applica in maniera indiscriminata; sono infatti esclusi i contenuti satirici, critici o parodistici, ​meme ​e Gif, piattaforme open source, enciclopedie online o comunque portali senza fini di lucro (come GitHub o Wikipedia), startup e imprese digitali di piccole dimensioni. La valutazione dei contenuti sarà però affidata a un’intelligenza artificiale, la cui efficienza potrebbe risultare discutibile: YouTube, ad esempio, utilizza già un sistema simile per determinare la tipologia di alcuni video e, pur essendo considerato il migliore nel suo genere, non è ancora completamente affidabile.
Analizzando tuttavia il testo della direttiva sul copyright, risulta evidente la volontà di tutelare i diritti d’autore, e non di limitare la libertà di espressione. Il provvedimento infatti favorisce l’originalità del contenuto e rafforza la protezione degli autori, penalizzando invece quanti potrebbero lucrare attraverso l’indebito sfruttamento della creatività altrui, camuffando queste attività in apparenti operazioni di condivisione.